Era il 1911 quando il barone de Coubertin, padre delle Olimpiadi moderne, ammoniva sull’eccessivo costo dei giochi. La storia ci dice che in pochi casi c’è stato un ritorno economico da queste manifestazioni e che quasi sempre le spese sono state molto più alte di quelle preventivate. Per il tramontato progetto di Roma 2024, il CONI stimava costi per 5,3 miliardi di euro, un budget coperto per 2,1 miliardi dallo Stato, mentre per la parte rimanente i soldi sarebbero arrivati dal Comitato olimpico internazionale (oltre 1 miliardo), a cui aggiungere gli incassi delle sponsorizzazioni, del merchandising, della vendita dei biglietti e dei diritti tv. Degli oltre 5 miliardi di spesa, poco più di 2 erano previsti per gli impianti permanenti e altri 3,2 per le strutture temporanee, più altri costi di gestione. Sono state formulate stime dal CONI anche sugli effetti economici finali. In pratica, l’Olimpiade nella Capitale avrebbe generato 48.000 posti di lavoro in più e un reddito netto, cioè una differenza totale fra entrate e uscite, di 2,8 miliardi. Questi numeri sono stati fortemente criticati da chi si è opposto al progetto. Non sarebbero state, per esempio, conteggiate spese per infrastrutture già decise (metropolitane e aeroporti) oltre a quelle per il turismo. In pratica, i costi del CONI sarebbero solo quelli legati in senso stretto ai giochi e non contemplerebbero circa 4 miliardi di investimenti e contributi pubblici già programmati. Per chi non voleva i cinque cerchi a Roma, quindi, le casse pubbliche avrebbero registrato una perdita. A queste argomentazioni se ne aggiungono altre: quella della lievitazione del budget. Secondo lo studio della Oxford University, citato dal sindaco Virginia Raggi, negli ultimi decenni le Olimpiadi sono costate molto di più di quanto preventivato, con casi eclatanti come quello di Montreal o Atene. Ci sono anche casi di successo: i giochi di Barcellona del 1992 contribuirono a far crescere occupazione e turismo.