L'aumento delle pensioni è già scattato ma non ancora per tutti e con modalità diverse rispetto al passato, che penalizzano chi ha assegni più alti. Una novità rilevante, visto il forte aumento dei prezzi che pesa sulle tasche degli italiani. Parliamo dell'adeguamento al carovita, la cosiddetta perequazione, un meccanismo che a ogni inizio d'anno fa salire gli assegni ma che, con l'ultima manovra, diventa complessivamente meno generoso per il biennio in corso, permettendo allo Stato di risparmiare una decina di miliardi fino al 2025 e ancora di più se si allunga l'orizzonte temporale. Partiamo dalle pensioni più basse, le minime che passano da 525 a circa 570 euro al mese, che diventano 600 per chi ha più di 75 anni. Da questa soglia in poi e fino a 2.100 euro lordi al mese, il recupero dell'inflazione sarà pieno e quindi si avrà un incremento del 7,3%. Chi è in questa fascia, dunque, riceverà fino a circa 150 euro mensili in più. I bonifici dell'INPS sono partiti il 3 gennaio e da questa data si può ritirare la pensione alle Poste. Chi ha la pensione più alta, invece, non vede ancora alcun aumento. Il motivo è che l'adeguamento non è ancora operativo. Probabilmente l'aumento si vedrà a marzo, quando arriveranno anche gli arretrati dei primi 2 mesi del 2023, perché il calcolo è più complesso. Oltre i 2.100 euro, infatti, la rivalutazione è più bassa e va a scemare al crescere dell'assegno. Per chi si trova in questa situazione, il recupero del carovita sarà inferiore al 7,3% e dunque non sarà interamente protetto dall'inflazione. Inoltre, in questi casi la pensione sarà sì, un po' più pesante, ma meno di quanto sarebbe accaduto se le cose non fossero cambiate con la legge di bilancio.