A che età si andrà in pensione? Non esiste una risposta valida per tutti. Le variabili soprattutto per i giovani sono tante a partire dall'età anagrafica passando per quando si inizia a lavorare a quanti soldi si verseranno per la previdenza. Le decisioni della politica poi possono cambiare le carte in tavola anticipando spostando in avanti l'asticella. Se si vuole comunque avere un'idea, si può provare a utilizzare il simulatore dell'INPS: si chiama Pensami e si accede senza bisogno di alcun tipo di password. L'istituto lo ha aggiornato per adeguarlo all'aspettativa di vita che in previsione dovrebbe allungarsi. Così chi oggi ha 30 anni dovrebbe di compierne 70 o poco meno per ritirarsi. Se si è iniziato a lavorare nel 2022 e avrà almeno 20 anni di contributi. La faccenda cambia però se il nostro dipendente avrà avuto buoni redditi arrivando a maturare un assegno consistente superiore a 1600 al mese perché in questo caso il traguardo si taglia a meno di 67 anni; se invece gli anni e i versamenti sono scarsi meno di 20 dovrà attendere i 74 anni. Ma nello scenario, entrano variabili troppo complesse per avere risposte precise come l'evoluzione dell'aspettativa di vita, l'andamento dei conti pubblici e la carriera lavorativa individuale. Per chi è più vicino alla pensione, la faccenda è diversa; perché fino al 2028 per l'assegno di vecchiaia sono necessari 67 anni. Questa è la soglia standard fissata per legge ammorbidita perché esistono varie forme di anticipo fra le quali quella in vigore nel 2024 di quota 103. Se il governo non farà nulla da gennaio serviranno dunque 67 anni e l'idea cara alla Lega di poter lasciare il lavoro con 41 anni di contributi a prescindere dall'età appare difficile da attuare. Il motivo sono i costi destinati a crescere nel tempo e a pesare sempre di più nei confronti della ricchezza prodotta dal paese. Più del doppio per avere un'idea di quello che si impegna per la sanità.