Lisbona batte il resto d'Europa nella corsa al Recovery Fund. Il Portogallo è il primo Paese a presentare a Bruxelles il documento col quale spiega come intende spendere gli aiuti comunitari anticrisi, oltre 16 miliardi di euro per uno degli Stati più colpiti dalla recessione ma, soprattutto, un'iniezione di fiducia per il vasto programma varato l'estate scorsa e ora arrivato a un punto cruciale. La tabella di marcia prevede che entro il 30 Aprile i piani nazionali arrivino sul tavolo della Commissione Europea per essere esaminati e, se tutto va liscio, approvati nel giro di due mesi, in modo da poter erogare la prima trance di denari entro luglio. Francia, Spagna e Grecia stanno ultimando i lavori e in Germania la Corte Costituzionale ha respinto un ricorso contro l'essenza stessa del salvagente lanciato da Bruxelles, impedendo così ritardi nella distribuzione dei 750 miliardi di prestiti e sussidi in tutto il Continente da qui al 2026. La fetta più grossa di questa torta spetta all'Italia, anche il nostro Paese sta completando i compiti a casa. Il nostro piano supera i 221 miliardi, dei quali 191,5 di soldi europei e circa 30 di risorse statali. Serviranno per finanziare una lunga lista di progetti, per la maggior parte nuovi. Poco meno del 30% delle risorse comunitarie verrà utilizzato per opere già nel cassetto. Nel menu l'alta velocità ferroviaria, rete internet a banda larga, riconversione delle Industrie più inquinanti e investimenti sulle energie rinnovabili. I fondi saranno ripartiti in sei macro-aree e le voci più ricche saranno quelle dell'ambiente e dello sviluppo digitale. A tutto questo bisognerà affiancare riforme di portata strutturale, come quella della burocrazia e della giustizia, per snellire le procedure. Da definire nel dettaglio la struttura che gestirà il tutto, a supervisionare dovrebbe essere Palazzo Chigi, insieme ai Ministri tecnici, ma nella maggioranza c'è chi vuole allargare il cerchio.