Può capitare che per una casa nuova nella periferia di una grande città come Roma o Milano, si paghino più tasse rispetto a una in centro, magari d'epoca e ben servita. Non è la regola, ma questo paradosso esiste nel nostro Paese, dove il mattone rappresenta uno degli investimenti preferiti e dove il peso delle imposte sugli immobili, dipende da parametri ritenuti inadeguati. Valori che nonostante qualche ritocco, da anni non cambiano rimanendo spesso lontani dai prezzi di acquisto. Ecco perché si sta cercando di scrivere una Riforma che da tempo ci chiede l'Europa, che è necessaria per poter spendere i fondi del Recovery Fund ma che, come accade da decenni, fa litigare i partiti. Lo spettro è un aumento generalizzato delle tasse, anche se l'obiettivo dichiarato è la cosiddetta invarianza di gettito. Con le nuove regole, complessivamente il Fisco non incasserebbe di più, parliamo di circa 40 miliardi di euro l'anno, perché verrebbero riequilibrati i criteri in modo che, per esempio, chi vive in periferia paghi meno e chi ha casa in una zona di pregio, spenda di più. Tutto questo passerebbe attraverso una rivalutazione delle rendite, al valore medio di mercato. Il conteggio dei metri quadrati anziché i vani e ancora, una riduzione delle categorie nelle quali sono suddivisi gli immobili. L'impatto per molti comunque, non sarebbe indolore: l'IMU sulle seconde case e le tasse sui rifiuti, potrebbero aumentare se non si ritoccassero i livelli di prelievo e anche l'ISEE, il sistema che calcola la ricchezza delle famiglie e che serve per avere molti sconti e accesso ad aiuti pubblici, potrebbe innalzarsi, col rischio di far perdere i bonus. In tutto questo, c'è da ricordare che anche il mattone è una preda degli evasori: si calcola si perdano quasi 6 miliardi l'anno, per i mancati versamenti dei vari balzelli, legati agli immobili.