La guardia d'onore e le cornamuse dei pompieri, della polizia e dell'autorità portuale, Bruce Springsteen che compare a sorpresa a cantare Ti rivedrò nei miei sogni, una luccicante campana argentata che chiama il silenzio nei momenti fondamentali dell'attacco. Tre presidenti in piedi in mezzo a una folla, di figli che non hanno mai conosciuto i genitori, di genitori che non hanno più visto crescere i propri figli e poi fratelli e sorelle che leggono l'interminabile lista dei 2.977 nomi delle vittime. E' una bellissima giornata di fine estate a Lower Manhattan New York, cielo azzurro e senza una nuvola, esattamente come l'11 settembre di 20 anni fa. Se alzi gli occhi sopra le due enormi piscine nere che oggi costituiscono il memoriale ti sembra quasi di vederle quelle Torri Gemelle alte 400 metri tirate giù da due aerei dirottati dai terroristi prima che altrettanti velivoli carichi di passeggeri fossero mandati a schiantarsi contro il Pentagono e in un campo della Pennsylvania. A Ground Zero rendono silenzioso omaggio tre presidenti Biden, Obama e Clinton. Quello in carica che dopo vent'anni prendendosi un considerevole rischio politico, ha cercato di chiudere questa pagina di storia ritirando le truppe dall'Afghanistan, dove erano andate per stanare Al Qaida e Bin Laden, affida il suo ricordo a un video messaggio. La lezione più grande dell'11 settembre, dice Biden, è stata l'unità dimostrata dagli americani, stesso concetto ribadito dalla vicepresidente Harris alla commemorazione di Shanksville e soprattutto da George W. Bush, l'uomo che la guerra più lunga l'ha dovuta cominciare e che ora parla da anziano ex presidente di un'America che stenta a riconoscere. Democratici o repubblicani, tutti gli uomini che hanno occupato lo studio ovale hanno partecipato ieri a una commemorazione ufficiale della più grande tragedia nella storia degli Stati Uniti, tutti tranne uno.