Difficile unire tante cose come ha fatto Antonio Inoki, morto a 79 anni dopo una vita a prendere i colpi di ogni tipo. Ha unito realtà e finzione intanto, entrando col suo mento lungo lungo e col suo nome nell'infanzia di tutti noi da migliore amico dell'uomo tigre, co-protagonista del leggendario manga giappo sull'uomo che se lo incontri gran paura ti fa e il cui volto ha la maschera tigre. Ha unito ring e politica poi, di lotta e di governo nel vero senso della parola perché appesi i guantoni a fine anni 80 entra in politica in Giappone e da leggenda dello sport e gigante buono si fa uomo di pace anche nel difficilissimo dialogo tra Tokyo e Pyongyang. Passa alla storia poi nel 1976 dove la sua fama unisce l'altra ben più enorme di Muhammad Ali in un incontro leggendario il 26 giugno del '76 a Tokyo, finito in pareggio tra calci, pugni, regole create apposta per quel tipo di incontro e milioni di persone davanti alla TV per il grande match Inoki-Ali, che era stato ribattezzato "La guerra dei mondi". Ha unito Oriente e Occidente in fondo, sempre combattendo. Lui giapponese cambia il nome Kanji in Antonio in omaggio al campione Antonino Rocca, si fa cittadino brasiliano e negli anni tra titoli e vittorie diventa di fatto il precursore delle moderne MMA ed è a lui in fondo che si deve il successo mondiale di quello che oggi è il wrestling moderno.