Alla venticinquesima ora quasi scoccata un accordo sembra ora possibile, anche se – dicono tutti i protagonisti – molto lavoro rimane ancora da fare. A far schiarire il cielo è la fuga di notizie che sia stata trovata la quadratura del cerchio sul costo del divorzio. Per la stampa britannica, Downing Street avrebbe, di fatto, accettato la logica europea del conto, circa 50 miliardi di sterline, a coprire gli impegni già presi e i costi maturati negli anni di partecipazione all’Unione. Ma un portavoce della May in giornata ha sottolineato: “Nulla è deciso fino a quando non sarà tutto deciso. Abbiamo detto più volte che faremo la nostra parte, ma dobbiamo camminare insieme”. Lo stesso capo negoziatore Michel Barnier da Berlino ha avvisato: “Non c’è ancora nessun accordo. Il lavoro continua”, rivendicando però lo spirito costruttivo e auspicando una relazione futura che sia ambiziosa. Il lavoro continua anche perché sono tre i dossier che devono trovare composizione. Se lo scoglio dei soldi sembrava il più alto, ora vengono al pettine i nodi circa i diritti dei residenti comunitari, in primis il ruolo della Corte europea, e soprattutto emerge in tutta la sua difficoltà la questione del confine in Irlanda. Nell’Isola Verde in gioco ci sono gli accordi di pace del Venerdì Santo. Nessuno vuole un confine fisico, che in molti ancora ricordano come sinonimo di violenza e terrore, ma come evitarlo non è ancora chiaro. “Mi aspetto progressi nei prossimi giorni”, le parole del Commissario irlandese. “I progressi non sono ancora sufficienti, ma le cose cambiano costantemente”, quelle del Primo ministro, che rivendica “sono fiducioso del sostegno degli altri Stati membri”. In ogni caso, Dublino potrebbe sempre far ricorso al proprio potere di veto.