Il dossier promette di essere più delicato per la portata reale e per quella percepita. E la linea vincente al momento sembra la più dura. Perché se il voto pro Brexit è stato davvero un voto anti-immigrazione e gli immigrati sono i cittadini dell’Unione europea, il futuro della libera circolazione delle persone è un tema particolarmente sensibile per entrambi gli schieramenti del 23 giugno. E se la linea ufficiale di Downing Street non cambia per chi sarà già nel Paese nel momento in cui verrà attivato l’articolo 50, ovvero assicurare il diritto di residenza, e se altrettanto sarà fatto con i cittadini britannici nel resto della UE, ora Number Ten comincia a delineare la sua posizione nei confronti di chi arriverà subito dopo e lo fa all’insegna della rigidità. A rivelarlo è il Telegraph: quando Theresa May darà l’addio formale all’UE, annuncerà anche la fine della libertà di movimento per i nuovi immigrati europei, che diventeranno immediatamente oggetto delle nuove regole sull’immigrazione, che dovrebbero prevedere un regime di visti e permessi di lavoro pluriennali e un accesso ristretto ai benefici del welfare, come confermato dal Ministro degli interni Amber Rudd, in linea con una stretta che va oltre i confini della “a breve fu Unione a 28”, tanto da colpire anche i cittadini britannici. Solo quelli che guadagnano più di 18.600 sterline l’anno, infatti, hanno il diritto di portare nel Paese il proprio coniuge, se extracomunitario. Una legge definitivamente promossa dalla Corte Suprema pochi giorni fa e voluta proprio dalla May quando era la titolare del dossier nell’Esecutivo di David Cameron, con buona pace di quel vecchio principio che diceva: la legge è uguale per tutti. Non in Gran Bretagna, non nel 2017.