“Continuo ad amare l’Iran. Non è cambiato niente”. Queste le parole di Cecilia Sala nel podcast di Chora media, in cui, parla con il direttore Mario Calabresi e racconta i suoi 21 giorni di prigionia. “Amo le donne iraniane, dice ancora, le donne che indossano il loro velo, ma allo stesso tempo non vogliono che esista qualcuno che punisce e intimidisce le ragazze che non lo fanno”. Già al lavoro, dunque, la giornalista italiana rientrata ieri in Italia dopo tre settimane da detenuta nel carcere di Evin a Teheran. In cui, anche solo per un minuto, dice ancora nel podcast, è riuscita persino a ridere quando, dal cortile del carcere, ha visto il cielo. "La cosa più difficile per lei è stato l'isolamento, è stato il silenzio, non aver mai modo di parlare con nessuno". In un post, il primo da donna libera, Cecilia Sala ha voluto ringraziare ancora chi ha lavorato perché lei tornasse a casa e rivolgere un pensiero a tutti quelli che ancora restano confinati in una cella. La sua è stata una notte insonne, troppa l’emozione. Prevedibile, dopo i giorni in carcere con accuse mai troppo chiare. E dopo le ultime ore, frenetiche: la liberazione, il volo verso Roma, l’abbraccio con il compagno e i con i genitori. L‘incontro in una saletta riservata all’aeroporto di Ciampino, con la premier Meloni, il ministro degli Esteri Tajani, e il sindaco della capitale Gualtieri. Poi le lunghe ore con i carabinieri del ROS che dovranno stilare un’informativa con il verbale dell’audizione e trasmetterlo in Procura a Roma. Solo dopo, i Pubblici Ministeri di Piazzale Clodio valuteranno l'eventuale apertura di un fascicolo di indagine. Al momento nessun fascicolo risulta aperto su una vicenda apparsa da subito complicata, costretta dentro dinamiche internazionali delicatissime, e risolta in tempi, forse, inaspettati.