Cambieremo il destino del Brasile. Con questa frase, pronunciata il primo gennaio del 2019, l'allora neo presidente Jair Bolsonaro promette ai cittadini una nuova nazione. Il suo secondo nome, Messias è emblematico del ruolo che propone. Messia come Messaggero di Dio, un eroe però insolito dal pugno duro, apertamente omofobo, misogino e populista. Nel 1988, dopo una lunga carriera militare fa la sua comparsa in politica e tre anni dopo entra in Parlamento. In tre decenni, presenta 171 proposte di legge, solo due vengono approvate. Nel 2018, in un paese divorato dal caos, tra scandali politici e una criminalità in aumento, si unisce al Partito Social Liberale con il quale diventa il primo presidente di estrema destra del Brasile. Con i suoi toni duri, conquista molti cittadini proponendosi come un antipolitico. Da un lato, si scaglia contro le donne, gli omosessuali e le minoranze, dall'altro si esprime a favore della pena di morte e di una politica Low and Order, per punire i criminali. Nel suo primo mese in carica firma un Decreto che rende più flessibile il possesso di armi. Nei 4 anni successivi, applica una politica economica neoliberista. Da un lato, favorisce le industrie agricole, dall'altro, nega l'esistenza di un emergenza climatica e si scaglia contro le popolazioni indigene. Dichiarazioni provocatorie che ripropone anche negli anni seguenti, quando banalizza l'ondata di incendi che bruciano l'Amazzonia o minimizza la gravità della pandemia decidendo di non adottare politiche di contenimento dei contagi. Durante il suo Governo, sono andati distrutti almeno 8 mila e 500 chilometri quadrati di Foresta Amazzonica ogni anno, mentre oltre 680 mila persone sono morte di Covid-19. Tra le sue citazioni più celebri ci sono: "Preferirei un figlio morto, piuttosto che uno gay", e ancora: "Le minoranze devono adattarsi o scomparire".