Cina, 30 anni fa la repressione di piazza Tienanmen

03 giu 2019
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Oggi a Pechino lungo la celeberrima Avenue di Chang'an, che porta alla città proibita e a Piazza Tienanmen, la vita sembra scorrere tranquilla. Solo la presenza più massiccia delle forze dell'ordine, discrete ma non nascoste dal senso di una vigilia carica di tensione. A Hong Kong, a Taiwan, a Singapore, invece, migliaia di persone sono scese in piazza per commemorare quel che accadde esattamente 30 anni fa. Nel mondo si respirava un'atmosfera greve di aspettative e di attesa. Mikhail Gorbaciov, neo Segretario del Partito Comunista sovietico, aveva avviato un piano di riforme nel nome della glasnost e della perestrojka. La Cina, un Paese che all'epoca raramente entrava nei radar dell'informazione occidentale, irruppe improvvisamente sugli schermi di tutto il mondo. Decine di migliaia di studenti erano, infatti, scesi in piazza chiedendo riforme, democrazia e multipartitismo. Il pretesto della manifestazione e della successiva occupazione di Piazza Tienanmen era la morte del Segretario Generale del Partito Comunista, Hu Yaobang. Hu era un riformista, aveva espresso la necessità di intercettare il crescente malcontento e di avviare il dialogo. Il premier, Li Peng, però, era sulla linea del potente capo delle forze armate, Deng Xiaoping. Ritiratosi dalla scena politica, Deng aveva mantenuto la posizione più influente nel Paese e fu probabilmente lui ad aizzare la rivolta scrivendo un editoriale sul Quotidiano del Popolo, accusando gli studenti e i manifestanti di essere manovrati dalle forze straniere. Fu sempre lui a imporsi e a scatenare la repressione che affogò nel sangue le speranze di un popolo o, almeno, di una sua parte. I tank dell'esercito piombarono sulla folla la mattina del 4 Giugno. Ancora oggi l'argomento è tabù e il regime nelle rare occasioni in cui si esprime sulla vicenda non dà segni di pentimento. Nel nostro immaginario resta il manifestante sconosciuto, il ragazzo con la camicia bianca che si oppone all'avanzata dei carri armati. Il suo gesto eroico è una delle immagini più potenti del Ventesimo Secolo, ma di lui non si sa più nulla. Forse ucciso due settimane dopo, forse rinchiuso in un manicomio criminale. Come non si sa neanche il destino dell'altro eroe sconosciuto, il pilota del tank che si rifiutò di travolgerlo.

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