"Capisco la rabbia, la sfiducia degli elettori". Nonostante l'ammissione della sconfitta però, Shigeru Ishida attuale primo ministro giapponese non cede la poltrona. Perché si, il partito Liberal Democratico che governa il paese quasi ininterrottamente da 70 anni ha ottenuto una pesante sconfitta e così anche il suo alleato, il Komeito, così che non hanno più la maggioranza della dieta, il Parlamento Nipponico. Ma è anche vero che l'opposizione guidata dall'ex premier Yoshihiko Noda, cioè il partito costituzionale democratico, pure avendo ottenuto un risultato sorprendente non ha la possibilità di offrire un'alternativa. Insomma, il Giappone si trova di fronte al paradosso che pur essendo l'opposizione la maggioranza del paese, non è in grado di formare una coalizione alternativa. Quindi, Ishida ha preso atto della situazione ha promesso che prenderà atto del malcontento e ha aggiunto che per evitare un pericoloso vuoto di potere non rassegnerà le dimissioni. Può sembrare paradossale, ma difficilmente questo susciterà scandalo. Anche perché, proprio lo scandolo è un qualcosa di estraneo ad un paese fortemente legato alla tradizione che non a caso ha sempre premiato il partito Liberal Democratico conservatore. Sarebbe riduttivo ricondurre questa situazione solo alla matrice culturale: sul piatto c'è la situazione internazionale. Il Giappone, membro del G7, una delle più importanti economie al mondo, guarda con crescente preoccupazione a quello che viene percepito come l'espansionismo cinese. La pressione su Taiwan e sull'area del Mar della Cina è visto come un altro pericolosissimo potenziale focolaio di una crisi internazionale drammaticamente vicina ai suoi confini. Per questo, non è ammissibile un vuoto di potere. L'elettorato ha bocciato la proposta di modificare la Costituzione pacifista, le formazioni più radicali sono state punite, ma il suo pur sempre resta il principale partito. E se da un lato, gli scandali possono essere affrontati con un repulisti interno, la politica estera dovrà passare al vaglio dell'opposizione che vede con preoccupazione una svolta militare del Giappone. Quel che è meno certo però, è il destino di Ishida che potrebbe essere costretto alle dimissioni ma comunque senza clamore.