Quando finisce tanto a poco, già fa notizia. Quando il poco è zero e si tratta di seggi vinti dall'opposizione in un'elezione parlamentare, la notizia diventa ancora più singolare, perché oggi, mentre dal Medio Oriente all'America Latina, da Hong Kong a Barcellona, si scende in piazza per protestare contro il potere, in Bielorussia succede che il voto per il rinnovo del Parlamento finisce con 110 deputati a zero per i partiti fedeli al presidente Lukashenko, anche se tutti gli osservatori internazionali ne hanno contestato la regolarità, com'è sempre avvenuto negli ultimi 25 anni, perché Lukashenko, ex membro del Partito Comunista Sovietico, è stato eletto Presidente nel ‘94 e da allora è rimasto ininterrottamente in carica, come pochi altri nel mondo, ma caso unico nella storia recente del vecchio continente. Per questo e per i modi autoritari con cui nega libertà politiche e diritti civili, si è guadagnato l'etichetta di ultimo dittatore d'Europa. Eppure è ancora saldamente al potere. Anzi, tre anni fa l'Unione europea l’ha riabilitato, rimuovendo le sanzioni e sbloccando gli investimenti. Ragioni economiche, ma anche geopolitiche, perché la Bielorussia, incastonata tra i confini polacchi dell'Unione europea e la Russia, è un cuscinetto necessario in chiave anti-Putin, con il quale Lukashenko ha un rapporto privilegiato, ma non appiattito. Insomma, un equilibrio tra est e ovest, in cui il Presidente bielorusso resiste, proiettandosi già alle elezioni presidenziali che si terranno l'anno prossimo, il 30 agosto; il giorno del suo compleanno.