Un uomo solo al comando, nessun altro. Arrivare a Varanasi, roccaforte elettorale del premier Modi e circoscrizione dove viene eletto il parlamento, dà l'idea delle forze in campo in queste elezioni indiane, che saranno le più grandi per numero di votanti nella storia delle democrazie. Quasi un miliardo di persone è chiamato alle urne, sulle strade degli altri candidati non c'è neppure l'ombra, solo Modi, che qui stravince. "In India si dice che chi vince in Uttar Pradesh governerà il Paese, perché è uno Stato molto popoloso e manda molti deputati in parlamento e poi qui c'è la culla dell'induismo, la città santa di Varanasi sul Gange, qui gli induisti vengono a bagnarsi e a farsi incenerire e non è un caso che il nazionalismo indù di Modi abbia radici così profonde in questi luoghi". Girando sulle sponde del Gange, fra i Gat, dove ci si viene a purificare o si torna da morti a fare l'ultimo viaggio per interrompere il ciclo della reincarnazione, il coro a favore di Modi è unanime e ha molto a che fare con la sua promozione dell'identità indù, che per l'opposizione si trasforma invece in discriminazione verso le minoranze soprattutto verso i musulmani. Le elezioni sono alle porte e questa è l'atmosfera nel cuore dell'India di Modi, innamorata del proprio leader che ha fatto costruire strade e aeroporti, dato internet a tutti, portato elettricità e distribuito cibo a milioni di persone. La vera forza di Modi sta però nel poter ignorare tutte le critiche di chi lo accusa di essere antidemocratico e di voler compromettere la laicità dello Stato. Modi ha infatti sempre una risposta anche per quello che non ha fatto, ad esempio combattere la povertà del Paese e la disoccupazione o investire su scuole sanità. E la risposta è proprio il suo vecchio slogan "Indù first", prima gli Indù, che sono l'80% popolazione. Nella sua idea di una nuova India l'identità religiosa e centrale, a chi non ha niente e continua a non averlo Modi ridato infatti almeno l'orgoglio delle tradizioni, l'orgoglio di essere Indù.