All'indomani dell'elezione del giudice ultraconservatore Ibrahim Raisi, l'attenzione già si sposta sui negoziati per il ripristino dell'accordo del 2015 sul programma nucleare civile di Teheran. A Vienna cinque grandi potenze: Germania, Cina, Francia, Regno Unito e Russia tornano a confrontarsi con l'Iran per riportare l'amministrazione americana al tavolo delle trattative, dopo l'uscita decisa da Donald Trump nel 2019 e la conseguente reintroduzione delle sanzioni. Gli Stati Uniti, che partecipano indirettamente, pur criticando il voto, definito ne libero ne equo, hanno assicurato che continueranno a impegnarsi nei negoziati. Uno spiraglio non scontato visto che il neoeletto Raisi, Capo della Magistratura iraniana è molto vicino all' Ayatollah Khamenei, è stato sanzionato proprio dagli americani per violazione dei diritti umani, con accuse che fanno riferimento ad esecuzioni e torture. Meno dialogante, invece, Israele che ha definito Raisi il presidente più estremista mai eletto in Iran. Sul fronte interno, invece, resta il tema tema dell'affluenza più bassa che si sia mai registrata in Iran in una tornata elettorale e che rivela tutta l'attuale debolezza del regime degli Ayatollah.