L'estradizione negli Stati Uniti è il grande timore di Julian Assange. Sarà l'Alta Corte britannica a decidere se consentire al fondatore di WikiLeaks di presentare il ricorso alla sentenza che ne permette la detenzione in un carcere americano. A decidere gli stessi giudici che hanno ribaltato la sentenza di primo grado nel dicembre del 2021, che invece ne negava l'estradizione. Due gli scenari: certificare che le questioni di diritto sollevate da Assange siano di generale importanza pubblica, consentendogli quindi di depositare il ricorso, oppure negare la medesima. In questo caso l'ordine di estradizione passerebbe al Ministro dell'Interno britannico. Se l'Alta Corte negasse la certificazione il caso non potrebbe più essere oggetto di ricorso alla Corte Suprema. Assange si trova nel carcere londinese di Belmarsh, da oltre mille giorni, per violazione della libertà su cauzione che gli era stata concessa in seguito all'accusa di stupro della Svezia, poi ritirata. Assai più gravi le accuse degli Stati Uniti: 18 capi, tra cui spionaggio, dopo la pubblicazione dei documenti secretati americani riguardanti crimini di guerra. Il rischio è centinaia di anni di carcere, anche se dagli USA arrivarono rassicurazioni all'Alta Corte. Potrebbe cavarsela con cinque anni. La Corte annullò la decisione del giudice distrettuale Vanessa Baraitser, che si era opposta all'estradizione, ritenendo che per la sua salute mentale, se trasferito in un carcere americano, avrebbe rischiato il suicidio.