Dopo la marcia indietro sulle restrizioni anti-Covid, estorta dalla maggioranza del partito, nel bel mezzo del cosiddetto "party-gate", mentre 6 inglesi su 10 pensano che si dovrebbe dimettere, sulla strada di Boris Johnson esplode l'ennesima bomba politica. Questa volta nella forma della denuncia di una sua ex ministra, che lo accusa di averla esclusa dal governo, nel rimpasto di due anni fa, a causa della sua religione. "Sei musulmana e questo ci mette in imbarazzo, soprattutto mette in discussione la tua lealtà verso il partito", le parole che, dice Nusrat Ghani, le avrebbe rivolto un pezzo grosso dei Tories. Parole che, all'epoca, lei riferì al Primo Ministro, che però rispose di non poter fare nulla e di rivolgersi, piuttosto, agli organi di partito per avere giustizia. "Mi sono sentita umiliata e impotente", ricorda ora la parlamentare, e motiva il ritardo della denuncia "temevo di essere ostracizzata". Classe 1972, Ghani è un'esponente di quei "new british", seconde generazioni spesso proveniente dai paesi del Commonwealth, che i conservatori corteggiano come elettori e che effettivamente sono ben rappresentati al governo, a partire dall'astro Rishi Sunak. Ma l'aspetto religioso è più complesso e spinoso. L'accusa di islamofobia già sentita e potenzialmente letale, le richieste di spiegazioni arrivano non solo dall'opposizione ma soprattutto dai Deputati conservatori. Negli stessi giorni in cui la gestione del partito è sotto accusa anche per le presunte minacce rivolte contro alcuni deputati tentati dalla sfiducia e alla vigilia della testimonianza potenzialmente letale dell'ex consigliere Dominic Cummings sui festini sotto lockdown. Per il governo di Boris Johnson, insomma, inizia l'ennesima settimana decisiva.