La conferma che le forze russe stanno riprendendo fiducia nelle sorti del conflitto è data dalle notizie che giungono all'alba. Almeno 14 razzi di Mosca hanno colpito Kiev e l'area circostante; un segnale inequivocabile che dopo le difficoltà delle ultime settimane l'armata sta facendo ricorso a un largo uso di nuovi armamenti e forze fresche. La ritirata da Severdonetsk, definita strategica da Kiev, è comunque un passaggio importante, che la stessa intelligence britannica, in genere piuttosto generosa nei suoi report nei confronti dell'Ucraina, ha definito un risultato significativo per Mosca. A rendere ancora più complicata la situazione il fatto che anche dalla Bielorussia siano partiti i bombardamenti che hanno bersagliato la parte occidentale del paese considerata quasi una zona franca dopo la fase iniziale dell'invasione russa. Missili e bombe lanciate a poche ore dal'incontro a San Pietroburgo tra il presidente russo e l'omologo bielorusso. Incontro durante il quale Aleksander Lukashenko ha chiesto aiuto al capo del Cremlino per trattare i caccia di Minsk a portare le testate nucleari. E Putin ha annunciato che fornirà al paese confinante missili a corto raggio Iskander-M, tra i più moderni dell'arsenale di Mosca, capace anche di trasportare testate atomiche. Il presidente Volodymyr Zelensky, nel suo consueto messaggio notturno, ha richiamato alla resistenza ucraina. Nessun missile russo, nessun attacco può spezzare lo spirito degli ucraini, ha detto, e ha aggiunto che questi attacchi aerei, dimostrano la difficoltà russa di fronte al protrarsi del conflitto. Non capiamo quanti colpi perdite e sforzi saranno necessari prima di vedere quella vittoria che è già al nostro orizzonte ha concluso il leader ucraino. A dimostrazione del fatto che però un conto è la propaganda, un conto è la realtà, il fatto che il ministro difesa russo, Sergei Shoigu, è andato in Donbass a visitare le truppe. Una provocazione che dà il senso di quanta sicurezza possano ostentare ora i russi.