Guerra in Ucraina, l'India blocca le esportazioni di grano

14 mag 2022
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La decisione di New Delhi è pesante perché se la Cina è il più grande produttore di grano al mondo, l'India è seconda. Il divieto investe tutte le esportazioni di frumento nel tentativo di proteggere la sicurezza alimentare nazionale, l'effetto però è un allarme rosso in tutto l'Occidente preoccupato anche dal ritorno di spinte protezionistiche. L'annuncio è arrivato nel giorno che ha visto riunirsi il G7 dei Ministri dell'Agricoltura a Stoccarda suscitando un'ondata di timori. Questa decisione servirà solo ad aggravare la crisi di approvvigionamento, hanno criticato i sette grandi, facendo appello all'India perché prenda le sue responsabilità in quanto membro del G20. Sulla decisione di New Delhi hanno certamente pesato i dati sull'inflazione annuale salita all'8,38% con i prezzi al dettaglio che nel mese di aprile hanno toccato il massimo storico da otto anni. L'India si trova in grande difficoltà a causa dell'anomala ondata di caldo che ha colpito il paese, le dimensioni del raccolto potrebbero essere quindi molto inferiori al previsto, forse al di sotto dei 100 milioni di tonnellate. Eppure un mese fa il 15 aprile il Ministro del Commercio indiano sull'onda della guerra in Ucraina e delle conseguenze sull'export di alimenti in un tweet aveva scritto. "Gli agricoltori indiani hanno messo da parte un eccesso di riserve e sono pronti a sfamare il mondo." Normale che gli acquirenti globali puntassero sul secondo produttore mondiale di grano per le forniture dopo il crollo delle esportazioni dalla regione del Mar Nero in seguito all'invasione russa dell'Ucraina alla fine di febbraio. Per rendere meno dannosa la mossa il Governo indiano ha assicurato che consentirà ancora l'export per lettere di credito che sono già state emesse e su richiesta dei paesi che stanno cercando di soddisfare le proprie esigenze di sicurezza alimentare. La decisione di New Delhi però rischia di portare i prezzi globali a nuovi picchi e colpire i consumatori poveri di Asia e Africa. Uno shock alimentare potenzialmente detonatore di una crisi umanitaria di proporzioni straordinarie.

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