Un botta e risposta nel giro di poche ore: prima gli americani hanno bersagliato alcune postazioni dei ribelli Houti in Yemen, uccidendone 10, poi i miliziani sciiti hanno replicato con una serie di attacchi alla flotta USA nel mar Arabico. Secondo il portavoce degli Houti, infatti, uno sciame di droni e missili avrebbe colpito prima la portaerei Lincoln e poi anche due cacciatorpediniere nel mar Rosso. Un episodio rappresentativo dell’atmosfera che si respira nell’area, dove il rischio escalation è sempre più presente. Il Premier israeliano Benjamin Netanyahu si è rivolto direttamente agli iraniani: “c’è qualcuno che Khamenei teme più di me, e siete voi, non perdete la speranza”. Poi l’affondo, ricordando come i raid contro lo Stato ebraico siano stati uno sperpero di denaro pubblico: 2,3 miliardi di dollari. “Un terzo attacco contro Israele, ha concluso, semplicemente paralizzerebbe l'economia dell'Iran". Da vedere che esito avranno le sue parole su un’opinione pubblica comunque fortemente repressa, e che ha visto ogni tentativo di ribellione soffocato nel sangue. E mentre il mondo, soprattutto Israele, si prepara al cambio della guardia alla Casa Bianca, il Presidente israeliano Herzog si reca in visita al suo collega americano uscente. Nel faccia a faccia con Biden ha ringraziato gli americani per il sostegno allo Stato ebraico e il Presidente USA, provocando più di una critica da parte progressista, ha ribadito che “non è necessario essere ebrei per essere sionisti”. “E lei lo è”, ha chiosato Herzog. C’è da dire che Biden non ha molto da perdere e che la visita di Herzog ha quasi solo il senso di una visita di cortesia. E forse proprio per questo il Presidente americano ha giocato la sua ultima carta. Il suo inviato per il Medio Oriente, Amos Hochstein, ha dichiarato infatti che "c'è una possibilità di garantire presto un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah".