Lo sparo esploso in aria da un poliziotto nel cuore della notte di Hong Kong è solo l'ultimo episodio a far temere che il punto di non ritorno nell'ex colonia inglese sia prossimo ad essere superato. Lo spettro dell'introduzione dello stato di emergenza si fa col passare dei giorni, quando si è ormai raggiunta la tredicesima settimana di proteste, sempre più concreto. Permetterebbe retate e tensioni e deportazioni di facinorosi. La trasformazione di fatto in un sistema dittatoriale con relativa sospensione dalla maggior parte dei diritti civili. L'opzione nucleare, la chiamano già diversi giuristi. Se si considera che le proteste sono iniziate il 31 Marzo scorso contro la legge sull'estradizione al momento solo messa da parte, voluta dalla Cina e portata avanti dalla governatrice Carrie Lam, ancora al suo posto, si comprende che il livello dello scontro, se dovessero essere introdotte tali misure, raggiungerebbe vette estremamente preoccupanti. L'odore di gas lacrimogeni e del fumo provocato dal lancio di bottiglie molotov, impregnano ormai l'aria della città. Invano i manifestanti cercano riparo nelle stazioni della metropolitana. Sdoganato anche il ricorso da parte delle forze di polizia degli idranti, dotati di un liquido blu, capace di sporcare in maniera indelebile i manifestanti, rendendoli così riconoscibili. Venerdì scorso due leader della protesta sono stati arrestati e rilasciati in un secondo momento. Il bilancio dell'ultimo sabato di scontri parla di 51 arresti e 31 feriti, di cui 5 gravi. La domenica è iniziata con una nuova occupazione dell'aeroporto internazionale. I treni verso lo scalo sono stati sospesi. Bloccati anche i pullman. Centinaia di persone si sono radunate fuori dal consolato britannico, sventolando la Union jack e scandendo "Dio salvi la regina".