La situazione è peggiorata nel corso del pomeriggio tra un paio di tweet inviati all'ora di pranzo, nei quali si raccontava di buon umore in ospedale per accertamenti legati al COVID-19, e le sette di sera, quando i medici hanno deciso. La notizia ufficiale è comunicata alle otto di sera da uno dei portavoce del Governo: Boris Johnson è in terapia intensiva come precauzione, nel caso in cui dovesse aver bisogno di un ventilatore. Febbre alta e tosse persistente avevano consigliato l'ingresso al St Thomas' Hospital domenica sera. I test in casi simili puntano a verificare la possibilità di una polmonite. Particolari ulteriori sulla salute del Premier Downing Street non ne ha dati. Non ha smentito, né confermato che gli sia stato somministrato dell'ossigeno in giornata, quando avrebbe avuto, scrive il "Times", difficoltà respiratorie. Quello che si sa è che in serata è ancora cosciente. Ma ora il passo indietro è stato necessario. Così a esercitare la supplenza, per quanto necessario, sarà, su mandato dello stesso Johnson, Dominic Raab, il Ministro degli Esteri e Primo Segretario di Stato che nel pomeriggio aveva condotto la conferenza stampa quotidiana, cercando di tranquillizzare circa le condizioni di salute del Primo Ministro e scandendo: "Il Governo rimane concentrato su una priorità: sconfiggere questo virus". Ma è con questa notizia, con Boris Johnson in terapia intensiva, che il Regno Unito entra nella terza settimana di lockdown e con ogni probabilità non sarà l'ultima perché l'incremento cala ma la curva continua a crescere: i contagi sono appena sopra i 50.000 casi e le vittime 5.373. Notizie terribilmente tristi. "I pensieri di tutto il Paese sono con il Primo Ministro e con la sua famiglia in questo momento incredibilmente difficile", la reazione del neo leader dell'opposizione Keir Starmer. Come lui, con lui, il sostegno di tutto il mondo politico britannico.