Il programma della Le Pen: no alla UE e all'euro

06 feb 2017
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La candidata alle presidenziali francesi Marine Le Pen si è presentata con un programma di 144 punti, molto centrato sulla battaglia contro la globalizzazione, contro l’immigrazione, che propone apertamente l’uscita della Francia dall’Unione Europea e dall’euro. È questo il primo punto, giusto per mettere le cose in chiaro fin dall’inizio. La proposta di un referendum sull’appartenenza o meno della Francia alla UE, con tutto quello che ne consegue. Le Pen ha, infatti, definito l’Unione Europea un sistema tirannico, causa di tutti i mali della Francia, in primis quelli economici e non ha avuto, ovviamente, parole buone nemmeno per la moneta unica. Rimanendo nell’euro, ha dichiarato, si paralizza la nostra economia, si mantiene la disoccupazione di massa e si dà all’Unione la leva per imporre le sue visioni, le sue linee guida inette, i suoi milioni di migranti. Così, nel programma la questione viene risolta con una fase: “Ritorno a una moneta nazionale”, il che significherebbe – lo ha detto lei stessa – che il debito francese verrebbe ricalcolato e ripagato in franchi, una eventualità che Standard and Poor’s associa apertamente al default. Fuori dall’Unione e senza euro il destino è tracciato anche per il ritorno alle frontiere e alle dogane. Al riguardo c’è anche la proposta di dazi del 3 per cento sulle importazioni dall’estero per finanziare l’aumento degli stipendi e l’abbassamento a 60 anni dell’età pensionabile. Ce n’è anche per i deputati, di cui si propone la riduzione del numero e, verrebbe da dire, ovviamente, per gli immigrati, la cui quota ammessa verrebbe ridotta dai 40.000 attuali a 10.000, bloccando anche il sistema del ricongiungimento familiare. Non poteva mancare la spesa militare, che lieviterebbe dal 2 per cento attuale al 3 per cento in cinque anni, aumentando il personale in divisa, anche attraverso il ripristino della leva militare, puntando maggiormente sul nucleare e prevedendo pure una nuova portaerei, per cui esiste già il nome, “Richelieu”, come il cardinale nominato primo ministro da Re Luigi XIII. Un vasto programma e, per certi versi, costoso che, dal punto di vista delle coperture, prevede lotta all’evasione, dazi e maggior debito, almeno nella fase iniziale, scommettendo poi su una successiva crescita. Ma sulle coperture il programma non si dilunga granché.

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