La repressione continua a Teheran. Il regime risponde con arresti, condanne ed esecuzioni capitali alle rivolte popolari, che non si fermano. Nonostante le minacce sempre più pervasive, chi filma o gira immagini verrà punito. A dirlo sono le guardie rivoluzionarie del Paese, che hanno annunciato di aver arrestato alcuni appartenenti ai media occidentali, per aver inviato video e foto alle redazioni di tv e giornali. Colpevoli di aver fatto il proprio lavoro e di aver documentato cosa stia accadendo nelle piazze e nelle strade di Teheran. Non è chiaro se si tratti di giornalisti iraniani che lavorano per testate occidentali o se siano reporter stranieri. In un comunicato i militari affermano solo che gli arrestati si trovano a Pardis, una città a Est di Teheran e che sono stati fermati perché avevano il sostegno finanziario di alcuni media occidentali e dell'Intelligence. Da tre mesi il pugno di ferro del regime di Teheran si abbatte sui manifestanti e sono giorni di terrore, dopo che nelle ultime ore sono state eseguite due condanne capitali contro due ragazzi che protestavano. La magistratura iraniana ha inoltre dichiarato di avere emesso altre 11 condanne capitali contro giovani scesi in strada per manifestare dopo la morte di Mahsa Amini. Un numero, che secondo gli attivisti è inferiore a quello reale. Tra le migliaia di persone finite in carcere per il loro coinvolgimento nelle proteste, almeno 400 sono state condannate a pene detentive fino a 10 anni, secondo quanto riferito dal capo della magistratura di Teheran. I giornalisti arrestati sono una settantina, denuncia l'Associazione dei Reporter Iraniani, e almeno 35 sono ancora in prigione, centinaia i morti. Si teme adesso per la vita del rapper Saman Seydi, arrestato durante le proteste per aver sparato in aria e colpevole, secondo gli Ayatollah, anche di aver sostenuto le rivolte con messaggi sui social e con le sue canzoni.