Nessuna nave della Marina Italiana è entrata in acque libiche né lo farà, presumibilmente, prima del 7-8 agosto. A puntualizzare è lo Stato maggiore della Difesa e la stessa Ministra Pinotti. È presumibile, dunque, che la risposta italiana alle richieste del premier libico Serraj per riprendere il controllo delle acque libiche, ora territorio selvaggio per scafisti e trafficanti di esseri umani, non arrivi prima di una settimana. Martedì i Ministri competenti, Esteri e Difesa, Alfano e Pinotti riferiranno alle Camere i termini dell’ingaggio. Si chiariranno, dunque, i nodi della missione navale in Libia. In primo luogo, quali e quanti mezzi entreranno nelle acque territoriali e la loro operatività, cosa accadrà in caso la Guardia costiera chieda aiuto per intercettare imbarcazione e trafficanti, ma punto ancor più delicato quale sarà la definizione per un uso proporzionato della forza nel caso in cui trafficanti o milizie locali facciano fuoco contro mezzi italiani o libici. La Guardia costiera libica, per bocca del colonnello Massud Abdel Samat, ha già fatto sapere che soltanto i mezzi libici daranno la caccia agli scafisti entro le 12 miglia, ma agli atti c’è la lettera inviata dal Governo di Tripoli al premier Paolo Gentiloni che ribadisce l’urgenza di un sostegno e impone all’Italia una risposta. Nella giornata mondiale contro la tratta di esseri umani voluta dall’ONU, le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella segnano la via. Bisogna combattere il traffico antiumano con tutte le energie necessarie e anche una visione d’insieme, dice Mattarella. Occorre individuare e colpire con strumenti adeguati le organizzazioni di trafficanti, spezzando reti di complicità e connivenze. La solidarietà e la civiltà degli europei contrastino con forza i mercanti di morte. Basta con l’indifferenza alle tragedie. Un richiamo evidente di impedire ulteriori morti nel Mediterraneo.