Mentre continua ad allungarsi la lista di paesi che chiedono ai viaggiatori provenienti dalla Cina di fornire un test negativo prima dell'arrivo, da ultimi anche Australia e Canada, l'Unione Europea valuta restrizioni comuni. Il 4 gennaio è stata convocata una riunione del meccanismo di gestione della crisi del Consiglio Europeo per discutere una risposta congiunta al tema dei viaggiatori in arrivo dalla Cina dopo l'impennata di casi di Covid nel Paese. Ad annunciarlo la Svezia che nelle prossime ore assumerà la presidenza del semestre europeo e che, con una nota, annuncia l'importanza di mettere in atto rapidamente le misure necessarie. Misure che in Italia sono già state adottate in segno di un'allerta che resta alta tanto che è tornata a riunirsi anche l'unità di crisi, con l'obiettivo di valutare l'andamento della campagna di testing avviata negli aeroporti di Lombardia e Lazio per chi proviene dalla Cina al fine di individuare quanto prima eventuali nuovi varianti. Intanto, con una circolare, il Ministero della Salute ha aggiornato le modalità di gestione dei casi dei contratti Covid per gli asintomatici e per coloro che non presentano sintomi da almeno due giorni, l'isolamento potrà terminare dopo cinque giorni dal primo test positivo o dalla comparsa dei sintomi a prescindere dall'effettuazione di un tampone antigenico o molecolare. Nel caso di un eventuale peggioramento della situazione epidemiologica, però, il Governo ha già fissato una serie di paletti volti a contenere la pandemia. Si tornerebbe a una forte raccomandazione, ma non un obbligo, all'uso delle mascherine al chiuso, a un ricorso più massiccio allo smart working e a una riduzione delle aggregazioni che prevedono assembramenti. La quinta dose di vaccino, poi, sarebbe raccomandata per alcune categorie a rischio, mentre l'obbligo di mascherina negli ospedali, come in tutte le strutture sanitarie e nelle RSA è già stato prorogato fino al 30 aprile.