Non si parlavano da circa tre settimane. Il presidente americano Joe Biden, in una telefonata, ha chiesto al premier israeliano Benjamin Netanyahu misure urgenti e specifiche per aumentare gli aiuti umanitari all'interno della striscia di Gaza, sfruttare i progressi compiuti nei negoziati per garantire il rilascio degli ostaggi israeliani prima che sia troppo tardi e garantire la sicurezza di circa un milione e mezzo di palestinesi prima di iniziare l'offensiva militare a Rafah. Un'operazione ampiamente criticata dalle organizzazioni internazionali che farebbe saltare qualsiasi tavolo negoziale per Hamas ma necessaria invece per il leader del Likud perché volta ad eliminare gli ultimi quattro battaglioni del movimento islamista palestinese all'interno della striscia di Gaza e raggiungere così, probabilmente in un mese, prima dell'inizio del Ramadan, la vittoria totale. Eppure la frustrazione dell'amministrazione americana, che secondo indiscrezioni del Washington Post non vede più in Netanyahu un partner su cui poter contare, sembrerebbe aprire la strada ad una vera e propria rottura tra i due leader. Bibi vuole mantenere il controllo di Gaza una volta terminato il conflitto. Una posizione, la sua, che si scontra con la visione della Casa Bianca che invece spinge per la soluzione due popoli due stati, l'unica secondo Washington per portare avanti un processo di pace nella regione mediorientale. Intanto nell'enclave palestinese si continua a combattere e a morire. Mentre Al Jazeera riferisce che le squadre di soccorso hanno recuperato i corpi di circa 100 palestinesi dai quartieri Tal al-Hawa e al-Rimal a Gaza City, dopo che le forze israeliane si erano ritirate da quelle aree, le brigate al-Qassam, il braccio armato di Hamas, rende noto che due ostaggi israeliani sono morti a causa dei raid dell'Idf.