Lo hanno detto entrambi, di essere pronti alla guerra, da una parte Hezbollah, che continua ad attaccare il Nord Israele con una forza maggiore rispetto ai mesi precedenti per vendicare la morte di tale Bagdallah, uno dei più alti esponenti della milizia sciita libanese filo iraniana, ucciso martedì sera dai caccia israeliani, nel Sud del Libano. Dall'altra il governo di Benjamin Netanyahu che minaccia di alzare il livello del confronto se gli uomini armati di Hassan Nasrallah non dovessero indietreggiare ma Hezbollah, in nome dell'Unità dei Fronti deporrà le armi solo quando ci sarà un cessate il fuoco permanente a Gaza così come richiesto più volte dalla leadership di Hamas, perché lo stop totale dei combattimenti all'interno della Striscia dove i carri armati dell'esercito israeliano stanno avanzando nella parte occidentale di Rafah, è una condizione imprescindibile agli occhi del Movimento Islamista Palestinese per siglare con Israele che insiste su una tregua temporanea, il piano di pace promosso dall'amministrazione americana di Joe Biden. Un nodo cruciale difficile da sciogliere che blocca di fatto le trattative. Qatar ed Egitto, i mediatori, provano in extremis a spingere le parti ad accettare almeno una Tregua Umanitaria di 48 ore in coincidenza con il primo e il secondo giorno di Eid al-Adha, la Festa Musulmana del Sacrificio che inizia domenica.























