Un risultato che sarebbe stato raggiunto grazie alla mediazione di Mosca che rivendica il suo ruolo nella decisione del cessate il fuoco dichiarato nel Nagorno-Karabakh. L'enclave montuosa del Caucaso che appartiene all'Azerbaigian, ma popolata da circa 120mila Armeni, già terreno di due guerre negli anni passati. Siamo in stretto contatto con tutte le parti in conflitto, spero in un allentamento della tensione, una soluzione pacifica, ha detto il Presidente russo Vladimir Putin durante l'incontro con il Ministro degli Esteri cinese. Un accordo di cui le autorità armene fanno però sapere, hanno preso atto senza partecipare. Se le Forze di Pace russe hanno avanzato la proposta del cessate il fuoco, mi aspetto che Mosca garantisca l'intesa e condizioni adeguate agli Armeni del Nagorno-Karabakh, ha commentato il primo ministro Armeno Nikol Pashinyan. Una tregua che arriva nel secondo giorno di combattimenti. A causare lo scontro e l'offensiva di Baku, la morte di due civili azeri e di quattro poliziotti uccisi, secondo la Presidenza Azzera, da mine piazzate da gruppi di sabotaggio delle Forze Armate armene. Un'offensiva che è un operazione antiterrorismo per Baku; diversa la versione resa dalla Armenia che parla di pulizia etnica da parte del Governo Azero e definisce l'attacco un atto di aggressione su larga scala. Oltre 30 le persone uccise, tra loro 7 civili, più di 200 i feriti, secondo i numeri resi noti dai separatisti Armeni. Alla situazione del Nagorno Karabakh, guarda con attenzione l'intera comunità internazionale con la Russia che media e auspica il ritorno agli accordi trilaterali firmati nel 2020-2022 che stabiliscono tutte le misure per una soluzione pacifica. E la Turchia che ha assicurato il suo sostegno a Baku.