Una domenica in cui parla da leader spirituale, ma parla anche come Capo di Stato, parla infine come padre di un popolo diffuso in tutte le nazioni del mondo. Funzioni che sono, in fondo, indistinguibili tra loro. All'Angelus Papa Francesco porta a chi lo ascolta a compiere un tour doloroso del pianeta, tra i suoi conflitti più attuali e pericolosi, alla messa che l'ha preceduto nella giornata dedicata la parola di Dio, lancia un appello all'unità della chiesa. "Non seguiamo le nostre tendenze e preferenze ma si sia uniti nell'unica Chiesa di Cristo" e pronuncia un monito: "Non ci succeda di professare un Dio dal cuore largo ed essere invece una chiesa dal cuore stretto, sarebbe una maledizione". Quando si affaccia alla finestra su piazza San Pietro, ancora una volta, parla dell'Ucraina. "Non dimentichiamo, per favore, di invocare la pace per la martoriata Ucraina, il Signore conforti e sostenga quel popolo che soffre tanto, soffre tanto". Ma Francesco parla anche del Perù, dove gli scontri continuano da tempo e ancora non si vede via d'uscita. Cessino gli atti di violenza, dice, la violenza spegne le speranze di giuste soluzioni. "Mi unisco ai vescovi peruviani nel dire no alla violenza, venga de donde venga. No mas muertes". Poi si sposta col pensiero in Myanmar, l'ex Birmania, per esprimere il suo profondo dolore perché è stata incendiata e completamente distrutta la chiesa della Madonna dell'assunzione, uno dei luoghi di culto più antichi e importanti della nazione. "Sono vicino all'inerme popolazione civile che in molte città è sottoposta a dura prova". E parla del Camerun, dove un accordo firmato dei belligeranti fa bene per la fine del conflitto e facendo gli auguri a chi in estremo Oriente festeggia il Capodanno lunare, Bergoglio esprime attenzione a chi è colpito dalla pandemia da Coronavirus e si augura che le attuali difficoltà vengano superate. Evidente il riferimento alla Cina.