Sotto la statua di Giorgio V, a due passi dal Parlamento, esponenti di un’associazione pro vita manifestano in silenzio contro la legge appena entrata in vigore. Davanti alle cliniche abortive di Inghilterra e Galles, come già accade in Scozia e in Irlanda del Nord, è ora vietato manifestare o avvicinarsi alle donne che si recano in tali strutture. Azioni di questo tipo vengono ritenute un’indebita pressione psicologica su chi si trova a vivere un’esperienza sicuramente delicata e sul personale medico che opera all'interno. Per questo la legge ha istituito una zona cuscinetto per un raggio di 150 metri. Chi viola tale restrizione rischia l'arresto. Fatto alquanto singolare: siamo stati davanti a più di una clinica per l'aborto qui a Londra ma nessun cordone è presente. "Sarebbe un errore ritenere Londra rappresentativa di quanto accade nel Paese, spiega Manna Mostaghim, membro del comitato esecutivo di Abortion Right, ma so di arresti accaduti a Portsmouth, Leeds e Glasgow. Questa legge, prosegue ancora l'attivista, si è resa necessaria per impedire pressioni indebite soprattutto nei confronti delle donne più vulnerabili, come le teenager o nei confronti di chi si trova intrappolata in relazioni violente". "Le veglie fuori dalle cliniche sono estremamente rare nel Regno Unito. Anche per questo motivo la legge ci sembra assolutamente spropositata, commenta Alithea Williams, portavoce dell’associazione per la protezione dei non nati. Ciò che in fondo verrà impedita è la possibilità di offrire aiuto a quelle donne che si recano in clinica ma non è affatto detto che siano determinate ad interrompere la gravidanza. Ciò che vorremmo fare è semplicemente pregare in silenzio, distribuire volantini e, ripeto, offrire un sostegno a chi potrebbe desiderarlo". A mostrare solidarietà ai manifestati pro vita c’è anche il Deputato nordirlandese del DUP Jim Shannon, uno dei più strenui oppositori di questo provvedimento, a suo giudizio contro la libertà di espressione. “Ma è ormai legge dello Stato, dice rassegnato, e non possiamo fare altro che accettarlo”.