Alla fine Stuart Cundy, il comandante della Polizia di Londra, ha dovuto dire ciò che ha sempre temuto: il bilancio delle vittime tra morti e dispersi dell’incendio alla Grenfell Tower è arrivato a 79, un numero che, però, non è definitivo e potrebbe ancora cambiare nei prossimi giorni anche se in modo meno significativo. C’è anche una piccola buona notizia: cinque persone date per disperse sono invece state ritrovate, sono salve e stanno bene. Poca cosa certo, magra consolazione di fronte al disastro della torre. Nel palazzo di edilizia popolare, alto 24 piani a North Kensington, vivevano centinaia di persone e in 120 appartamenti. Quelle case nelle foto e nel filmato diffusi dalla Polizia, l’angosciante realtà di ciò che rimane: cenere e scheletri di oggetti che erano la vita quotidiana di qualcuno fino alla notte tra martedì e mercoledì scorsi. L’armatura interna di un materasso, una cyclette, una cucina, una lavatrice e gli ascensori carbonizzati; immagini che servono anche a spiegare quanto sia complesso il recupero dei dispersi e quanto pericoloso sia entrare lì dentro ogni giorno, visti i danni subiti dalla struttura. Le cause del rogo che ha divorato la torre non sono ancora state definitivamente chiarite, ma non pochi esperti sono certi che la rapidità con cui si sono sviluppate le fiamme, quasi amplificate, sia da attribuire ai pannelli isolanti, al rivestimento che ricopriva il grattacielo (alluminio e materiale plastico infiammabile), installati per migliorare l’efficienza energetica del condominio e per migliorarne l’aspetto. Ma anche i dubbi sulle tubature del gas non protette da materiale ignifugo sembrano fondate, così come i mancati controlli delle autorità preposte a riconoscere le certificazioni di idoneità. Probabilmente un intreccio di sciatteria, avidità e negligenza.