Odio me stesso, ma voglio fare del male a tutti quelli che si mettono sulla mia strada. Il messaggio-testamento postato dal killer su Facebook, poco prima della strage. Diversi spari, la paura, gli studenti che tentano di mettersi in salvo saltando dalle finestre. Succede a 1.000 km a est di Mosca, a Perm in Siberia, quando uno studente fa irruzione nei locali dell'università e apre il fuoco sui compagni e professori. È lo stesso ateneo, che sui social dà le prime notizie sulla gravissima sparatoria: una persona con una pistola è entrata nel campus e ha aperto il fuoco. Scatta l'allarme, arrivano le forze speciali, l'area attorno all'università viene isolata. Poco dopo, l'aggressore verrà arrestato e trasportato in ospedale. Fine di un incubo con molti studenti che sono ancora nascosti nell'auditorium, per paura di essere scovati dal killer. Il bilancio sarà di diversi morti e feriti, alcuni anche gravi. Poco dopo i media locali diffondono questa foto che il killer, un 18enne iscritto alla facoltà di legge, aveva postato. Si vede il giovane a volto coperto e armato di fucile. Non è stato un attentato terroristico, non sono membro di organizzazioni estremiste, nessuno sapeva quello che avrei fatto, ho organizzato tutto da solo, scriveva ancora l'aggressore. La Russia ha regole abbastanza restrittive sul possesso e l'uso di armi, ma alcuni tipi di pistole e fucili sono acquistabili per la caccia e la difesa personale, dopo l'esibizione di documenti che attestino la sanità mentale.