Se non sono i suoi collaboratori, sono i figli. Ormai il Russiagate è sempre più vicino allo Studio Ovale. Questa volta al centro delle rivelazioni del New York Times c’è il figlio maggiore del presidente, Donald Trump junior, che secondo le ricostruzioni del quotidiano avrebbe incontrato, durante la campagna elettorale, un’avvocatessa molto legata al Cremlino che gli avrebbe promesso dossier compromettenti su Hillary Clinton. Donald junior ha assunto un avvocato ma nel frattempo si difende con lo stesso piglio del padre, spiegando via Twitter che secondo lui non c’è nulla di strano nell’ascoltare qualcuno che vuole darti informazioni sul tuo avversario politico. Cosa, ha precisato Trump junior, che sicuramente avrebbero fatto anche nello staff della Clinton se ne avessero avuto l’occasione. Il problema, fanno notare i media liberal, è che il figlio del Presidente aveva nascosto questo colloquio. Soprattutto, non si tratta di un informatore qualsiasi ma di qualcuno molto vicino ad un Governo straniero che è tuttora sotto inchiesta per presunte ingerenze nelle elezioni presidenziali. E poi c’è la figlia del Presidente, Ivanka, sotto il fuoco incrociato delle critiche per essersi seduta al posto del padre nel tavolo dei Grandi del G20 in Germania, mentre Trump si era assentato per un bilaterale. Nulla di strano, ha precisato la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, dato che Ivanka faceva parte della delegazione degli Stati Uniti. Dichiarazioni riprese dal Presidente americano via Twitter, che poi ha rincarato la dose sottolineando che se invece di Ivanka si fosse trattato di Chelsea Clinton nessuno avrebbe gridato allo scandalo, anzi, avrebbero già guardato a lei come il futuro Presidente. La risposta questa volta è arrivata dalla diretta interessata: la figlia di Bill e Hillary ha infatti fatto notare che i suoi genitori non le avrebbero mai chiesto di fare le loro veci quando in gioco c’è il futuro del Paese.