I soldati fedeli al regime sventolano la bandiera nazionale e il ritratto del presidente Bashar al-Assad. Lì dove fino a una manciata di ore prima c'era la bandiera curda e quella statunitense, ora sventolano i vessilli di Siria e Russia. Anche sull'ingresso del presidio militare i colori che contano sono il blu, il bianco e il rosso. Ci hanno impiegato poco i russi a sostituirsi agli americani a Manbij, città araba nel nord della Siria che riveste un ruolo strategico. E', infatti, adiacente alla M4, una delle arterie principali del Paese che collega Latakia ad Aleppo, e Raqqa, un tempo roccaforte dell'Isis, a Deir al-Zour, la zona ad est ricca di giacimenti. I curdi l'avevano sottratta allo Stato islamico tre anni fa. Una cosa è certa: se l'esercito di Ankara eviterà scontri nella città sarà più per la presenza russa che non siriana, mentre il presidente russo Vladimir Putin appare sempre più determinato a ricoprire un ruolo di leadership nel Medio Oriente con le sue attuali visite in Arabia Saudita e negli Emirati. Manbij interessa eccome alla Turchia perché la sua conquista impedirebbe ai curdi un passaggio importante da una parte all'altra dell'Eufrate e i soldati turchi, insieme a truppe siriane loro alleate, sono già presenti in loco. Il rischi di uno scontro, che in realtà nessuno auspica, resta concreto. E mentre cresce velocemente il numero di sfollati in diverse zone del nord della Siria, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan respinge le accuse secondo cui l'operazione “Sorgente di pace” prenderebbe di mira i civili “Il nostro obiettivo non è rompere le relazioni con la Turchia, che è membro della Nato, con cui condividiamo importanti interessi di sicurezza, ma negare ad Ankara la capacità di continuare la sua offensiva in Siria. Erdogan deve fermarla”, il commento del Segretario di Stato americano Mike Pompeo prima di volare col vicepresidente Mike Pence in Turchia. Intanto nel Paese della mezzaluna cresce l'orgoglio patriottico e anche la gente comune ostenta come può il proprio sostegno al Presidente.