Nel 2023 per Robert Fico si apre il terzo mandato alla guida di Bratislava. Si distingue per posizioni filo-russe, anti-immigrazione e contro i diritti delle coppie omosessuali. Ma la sua carriera politica ha origini molto lontane e ben diverse. Inizia, infatti, nel partito comunista poco prima che la Rivoluzione di Velluto del 1989 dissolvesse l'ex Cecoslovacchia. Anni dopo fondò la propria formazione politica, lo SMER, partito socialdemocratico ancora oggi aderente al gruppo dei socialisti democratici, i cui rappresentanti a Strasburgo siedono accanto a quelli, ad esempio, del PD italiano. Contribuisce all'ingresso del Paese nell'euro, ma da aperto europeista, col passare del tempo si guadagna il titolo di socialista-populista e si sposta sull'asse anti Bruxelles, sempre più vicino al collega ungherese Viktor Orban. Quando nel 2015 la crisi dei rifugiati travolge l'Europa, Fico rifiuta di dare origine a una comunità musulmana distinta in Slovacchia e critica il programma di quote dell'Unione Europea per ridistribuire i rifugiati. Apertamente putiniano, Fico viene considerato nemico dell'Ucraina, alla quale, appena eletto, dice di non volere più inviare un solo proiettile. A fine aprile il suo governo populista adotta un controverso disegno di legge sulla Radiotelevisione pubblica, accusata, a suo parere, di mancanza di obiettività. Il testo viene criticato dall'opposizione e dai gruppi per i diritti dei media inclusa Reporters Sans Frontiere. Temono che la TV si trasformerà in un mezzo di disinformazione, che trasmetterà propaganda filogovernativa. Nonostante le proteste, Fico tira dritto. La pazienza porta sempre a rose rosse, questo è il suo motto.