Oscurato dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente, il conflitto in Sudan entra nel suo terzo anno quasi in sordina. Uno dei peggiori disastri umanitari a memoria d'uomo, sono le lapidarie parole usate da Edem Wosornu, capo dell'Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari, che fissano così il conflitto. Quasi 13 milioni di persone costrette a fuggire, per lo più sfollati interni, schiacciati tra la guerra, le violenze e la carestia. Irradiati poi nelle zone lontane dal conflitto, quasi 4 milioni hanno superato i confini verso il Ciad, l'Egitto, il Sud Sudan, sino a raggiungere l'Etiopia, la Repubblica Centrafricana, la Libia e l'Uganda. In Ciad, secondo l'UNHCR, c'è il più grande campo profughi del mondo, una baraccopoli da oltre 1 milione e 200mila persone che stenta a fornire servizi di base. A rendere ancor più drammatici gli effetti della guerra, la carestia che sta colpendo il Darfur. Entra nel terzo anno lo scontro esploso il 15/04 del 2023 tra le forze armate sudanesi, capeggiate dal generale Abdel Fattah Burhan, e la Rapid Support Force, i miliziani Janjaweed, che sotto il comando del generale Dagalo, finita la missione per conto del governo in Darfur, sono tornati a Khartum con richieste da centurioni romani, determinando così una lotta per il potere e fratture insanabili. Il paese dopo due anni è diviso tra le forze armate sudanesi cappeggiate da Burhan, che hanno riconquistato Khartum e buona parte del nord, mentre i paramilitari di Dagalo dominano il Darfur a ovest e alcune aree del sud. Dopo due anni di combattimenti il bilancio è catastrofico: 30.000 morti, dati parziali dell'ONU, e 25 milioni di persone in stato di insicurezza acuta. Un conflitto, se possibile, ancor più cattivo in cui lo stupro è arma di guerra, documentato anche dalle Nazioni Unite e dalle agenzie umanitarie, che hanno registrato un aumento dei soccorsi post violenza sulle donne, di poco al di sotto del 300%. Un orrore nell'orrore. .