Non c’è alcuna equivalenza morale tra razzisti e la vittima di Charlottesville. L’ultimo messaggio che Donald Trump affida all’alba americana direttamente a Twitter vorrebbe, forse, far archiviare le polemiche che lo hanno sommerso sugli scontri in Virginia, anche se definisce una “fake news” non quanto affermato di fronte alla stampa, ma quanto detto dal senatore repubblicano Lindsey Graham, accusato di cercare pubblicità perché ha condannato le sue parole proprio sui fatti di Charlottesville. Parole che hanno scatenato critiche pesanti. Trump, infatti, ha difeso il suo ritardo nel condannare i neonazisti al corteo in Virginia sfociato nel sangue puntando il dito anche contro quella che definisce “sinistra estremista”, che – ha detto – condivide la responsabilità per la violenza. Il tutto mentre negli Stati del Sud continua la rimozione di quei monumenti dedicati ai protagonisti del secessionismo, quelli – per intenderci – che si opponevano all’abrogazione della schiavitù e i cui discendenti si riconoscono nell’ultradestra che ha portato Trump alla Casa Bianca. Il generale Lee che guidò l’esercito sudista è entrato nell’immaginario collettivo anche attraverso serie televisive degli anni Ottanta ed è stato proprio lo smantellamento di parte dei tributi che gli sono stati dedicati che ha portato a manifestazioni come quella di Charlottesville. Intanto, si sfilano anche quei capitalisti per i quali l’imbarazzo degli ultimi commenti di Trump non può essere archiviato. Sette gli amministratori delegati di importanti aziende che si sono dimessi da consulenti della Casa Bianca. Trump li aveva voluti per discutere proprio di riforme economiche. Ora deve chiudere l’intero progetto con un laconico, quanto stizzito, “grazie a tutti”, postato naturalmente su Twitter. Ma le difficoltà per Trump non si esauriscono nella politica interna. All’estero resta ad alta tensione il confronto con la Corea del Nord anche se il suo stratega, Steve Bannon, ha liquidato lo scontro con Pyongyang come una questione secondaria a cui non c’è una soluzione militare. Lo stesso Steve Bannon la cui posizione è sempre più in bilico nella Casa Bianca proprio per i suoi legami con quell’estrema destra dalla quale Trump non vuole o, forse, non può affrancarsi.