I bombardamenti incessanti, il freddo e il buio, costringono i civili a lasciare Kherson. L'esaltazione seguita alla liberazione della città meridionale dopo il ritiro russo, ha lasciato il posto alla disperazione. Al di là del fiume l'artiglieria russa non dà tregua, 80 bombardamenti in sei giorni, in tutti i quartieri sono stati allestiti i treni per l'evacuazione e rifugi antiaerei con stufe, letti, kit di pronto soccorso. Pesanti attacchi anche al sud, nell'est nella regione di Donetsk, incerta la situazione a Zaporizhzhia dove sembra che l'esercito russo si stia preparando a lasciare la centrale, ma nulla al momento è confermato. Quello che invece Kiev dà per certo è un trasferimento di singole truppe da combattimento di Mosca dalla vicina Bielorussia verso i territori occupati dalla Russia. E la Bielorussia torna al centro del conflitto, la morte ancora inspiegabile del Ministro degli Esteri di Minsk ha gettato strane ombre sul Cremlino, accusato dall'Ucraina di quella morte usata come avvertimento per convincere un riluttante alleato, quale è il Presidente Lukashenko a intervenire direttamente al fianco di Mosca nel conflitto. In seguito all'improvvisa scomparsa di Makei, fedele a Mosca, ma sempre aperto ad un dialogo con l'occidente il suo omologo russo Lavrov ha rimandato la visita nella capitale dove i due avrebbero dovuto incontrarsi. La diplomazia è nell'impasse e per questo allarma ulteriormente il quadro tratteggiato al New York Times da un alto funzionario della Nato, due terzi dei Paesi della Nato sono a corto di armi da inviare all'Ucraina dice e si stanno muovendo rapidamente per cercare di riempire i loro arsenali, Berlino, Parigi e Roma, aggiunge, possono fare di più. Chi non si arrende alla guerra è il Vaticano, Papa Francesco ha di nuovo ripetuto: "Non stanchiamoci di dire no alla guerra, no la violenza, sì al dialogo, sì alla pace".