Il primo Ministro ungherese Orban le aveva ribattezzate le pulizie di Pasqua contro le cimici puzzolenti, ossia i suoi oppositori interni. In Ungheria arriva una nuova stretta sui diritti della comunità LGBTQ e di altri gruppi. Il Parlamento di Budapest ha approvato infatti un controverso emendamento costituzionale sostenuto dal premier nazionalista e dal suo partito populista di destra Fidesz, che sancisce il recente divieto imposto dal governo al tradizionale pride di giugno e dà via libera all'uso da parte delle autorità di software di riconoscimento facciale per identificare i partecipanti in caso multarli. L'emendamento stabilisce inoltre la legalità solo dei due sessi maschile e femminile, fornendo una base costituzionale che nega l'identità di genere a molti cittadini ungheresi. Un'inversione di marcia sulla falsa riga di quanto sta avvenendo negli Stati Uniti. Il voto ha scatenato fortissime proteste di piazza da parte dell'opposizione e delle persone LGBTQ. Dopo le ripetute accuse di Orban di ingerenza straniera nella politica del paese, l'emendamento consentirà al governo la revoca temporanea della cittadinanza ungherese ad alcuni cittadini con doppia cittadinanza, ritenuti una minaccia per la sicurezza o la sovranità del paese. Dal suo ritorno al potere nel 2010 il leader nazionalista di Budapest ha ampiamente limitato i diritti delle minoranze sessuali, dei media, dei tribunali e del mondo accademico. Uno degli emendamenti stabilisce che i diritti dei bambini a loro adeguato sviluppo fisico, mentale e morale hanno la precedenza su tutti gli altri diritti fondamentali, ad eccezione del diritto alla vita. Tale disposizione è vista come un modo per rafforzare le basi giuridiche del divieto del gay pride. Intanto il governo di Budapest ha dato il via ufficiale alla consultazione nazionale sull'adesione dell'Ucraina all'Unione Europea. I cittadini potranno esprimersi entro giugno. Non è un mistero la posizione di Viktor Orban, da sempre contrario agli aiuti militari di Bruxelles all'Ucraina, non ha mai chiuso la porta all'amico Putin e ha ripetuto di recente il suo slogan sì all'Unione, ma senza l'Ucraina. .