Se fino a un anno fa la questione climatica era entrata con prepotenza fra le priorità degli elettori americani, con l'avvicinarsi del voto di novembre nel mezzo di una pandemia e quelle tensioni razziali che attraversano e dividono il Paese le cose sono cambiate, ma madre natura non si ferma a guardare. In queste ultime settimane nel Nord Ovest degli Stati Uniti fra Oregon, California e Stato di Washington è andata in fumo una superficie più grande del Connecticut. La stagione degli incendi, che normalmente è ad ottobre, è partita con largo anticipo e sta già battendo tragici record. Non a caso ieri il presidente Trump ha deciso di viaggiare nelle zone colpite, evitando però accuratamente di collegare quanto sta accadendo a cambiamenti climatici, come dimostra questo scambio con Wade Crowfoot, Capo dell'Agenzia Ambientale della California, che sottolineava il drammatico impatto del riscaldamento globale su quanto sta avvenendo con la stagione secca più lunga e le temperature mai così alte a settembre. Parole che hanno spinto il suo sfidante per la Casa Bianca, l'ex vicepresidente Joe Biden, a bollare Trump come un negazionista climatico, incapace, come nella pandemia, di assumere un ruolo di leadership per risolvere le crisi tanto quando si tratta di virus che quando si parla di clima e conseguenti catastrofi naturali. Due visioni del mondo contrapposte su cui gli americani fra un mese e mezzo pronunceranno il loro verdetto.