Usa, lavoro tema fondamentale della campagna elettorale

25 ott 2016
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Quattordici milioni di posti di lavoro: tanti ne sono stati creati durante l’amministrazione Obama, con la disoccupazione che è scesa al 5 per cento, praticamente a livelli pre-crisi. Rimettere l’America al lavoro: è lo slogan con cui il Presidente ha lanciato, nel 2011, il suo Jobs Act, che prevedeva incentivi fiscali importanti per le aziende disposte ad assumere e ad alzare il salario minimo. Eppure, proprio il tema occupazione resta uno dei principali in questa campagna elettorale. “Che cosa vuole dal nuovo Presidente?” “Lavoro, sì, più lavoro” “Più soldi”. In realtà, il tasso di disoccupazione si calcola sulla base della forza-lavoro che in questi anni è invece diminuita. A farne parte sono tutte quelle persone dai 16 anni in su che, o hanno un impiego, o lo stanno cercando attivamente. Chi da troppo tempo è costantemente senza lavoro, viene escluso dal calcolo. Nel 2010 erano 85 milioni gli americani in questa condizione. Oggi sono aumentati a 94 milioni. Bisogna poi capire in quali settori, in questi anni, si è creata occupazione. A beneficiare degli incentivi, in cambio di minimi aumenti salariali, sono stati soprattutto i grandi gruppi e le grandi catene, dove c’è molta flessibilità e poche garanzie. “Quando ho iniziato prendevo 6,50 dollari. Adesso la paga minima è 10 dollari” “E dopo quanto tempo si può avere un contratto?” “No, non c’è nessun contratto. Non firmiamo niente. Nessun contratto, assolutamente”. Kaish, che è da McDonald’s da più di quindici anni, un contratto non l’ha mai visto, perché negli Stati Uniti, per certe categorie di lavoro, funziona esattamente così: fa fede la domanda di assunzione che si presenta quando si viene a fare un colloquio. Per eventuali contenziosi, si può fare riferimento alle leggi statali che regolamentano quel settore. Un sistema che lascia grande margine di libertà al datore di lavoro, e che ha permesso in questi anni, a determinati settori, di espandersi. Secondo una recente inchiesta del New York Times, i ristoranti, le grandi catene di distribuzione e i centri estetici sono quelli che hanno conosciuto picchi occupazionali. Rachel lavora part-time in questo centro per la manicure ed è molto felice della libertà che questo lavoro le concede. La grande flessibilità porta infatti anche alla possibilità di impieghi stagionali e part-time, che soprattutto per gli stranieri o per chi studia, rappresentano una risorsa importante. Diversa è la situazione in settori molto sindacalizzati come l’edilizia. Un operaio specializzato può guadagnare dai 35 ai 100 dollari l’ora. Tuttavia, in questo ambito, la crisi si è sentita eccome, negli ultimi anni. Solo adesso sta iniziando una timida ripresa, e tutto resta molto legato, come ci spiega il capo cantiere Brian, alle politiche che il Governo porterà avanti in materia di economia e investimenti. “In questi anni è stata dura, abbiamo licenziato persone. Ora va meglio, ma solo se avremo un Presidente capace di tagliare le tasse e privilegiare i lavoratori americani rispetto agli stranieri, che non consumano, la ripresa sarà duratura”, ci spiega Brian. Di tutt’altra opinione è invece Battiste, che incontriamo di fronte ad un ufficio di collocamento del Bronx: “Secondo me davvero non c’è ragione per non avere un lavoro in questo momento in America. Ora ci sono programmi come questo, che ti aiutano. Io sono un trasportatore e guarda quante opportunità mi hanno dato”. “Per chi voterai l’8 novembre?” “Sicuramente non per Trump”.

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