Non tutte le funzioni dello Stato possono essere trasferite alle regioni, ci sono alcune materie sulle quali può legiferare solo il Parlamento. È questa la principale motivazione per cui la Corte Costituzionale, lo scorso 14 novembre, ha parzialmente accolto i ricorsi di quattro regioni contro la riforma sull'autonomia differenziata. Ora, con il deposito della sentenza, possiamo leggerla nel dettaglio. La Costituzione, scrivono i giudici, riserva al Parlamento la competenza legislativa esclusiva in alcune materie affinché siano curate le esigenze unitarie del paese. Ci sono delle materie, quindi, il cui trasferimento è in linea di massima difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà. La Corte cita motivi sia giuridici che tecnici o economici che ne precludono il trasferimento dallo stato alle regioni e fa degli esempi concreti, materie in cui predominano le regole dell'Unione Europea, come la politica commerciale comune, la tutela dell'ambiente, la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia e le grandi reti di trasporto. Ma anche le norme generali sull'istruzione che hanno una valenza necessariamente il generale e unitaria. La sentenza poi si concentra su uno dei punti fondamentali di questa riforma i livelli essenziali delle prestazioni cioè gli standard minimi di servizi che vanno garantiti ai cittadini su tutto il territorio. I LEP implicano una delicata scelta politica, scrivono i giudici, perché devono bilanciare uguaglianza dei privati e autonomia regionale, diritti civili e sociali ed esigenze finanziarie. I problemi in questo caso sono due: la riforma Calderoli detta criteri uguali per varie materie ma senza tenere conto del fatto che ogni funzione ha le sue peculiarità e richiede quindi valutazioni specifiche. E ancora la Corte boccia anche la possibilità che sia uno strumento secondario come i decreti della Presidenza del Consiglio a definirli.