Un addio che forse non è una sorpresa, frutto di motivazioni precise che Raffaele Cantone indica della lettera con cui comunica ai dipendenti dell'autorità anticorruzione, la sua decisione di lasciarne la guida. "Una decisione meditata e sofferta, al termine di un'esperienza entusiasmante", la definisce Cantone, che però aggiunge "sento che un ciclo si è definitivamente concluso, anche per un diverso approccio culturale nei confronti dell'ANAC e del suo ruolo. Istituzione nata sull'onda di un'emergenza, ma divenuta modello all'estero e che dovrebbe rappresentare motivo di orgoglio per l'Italia, circostanze", scrive ancora Cantone, "poco riconosciute". Il Presidente uscente dell'ANAC e ha chiesto di tornare a fare il giudice. "Non posso" spiega "essere spettatore passivo in un momento così difficile per la Magistratura". Poi il messaggio alla politica, "Nonostante i passi in avanti la corruzione è tutt'altro che debellata". Parole che per il Pd dimostrano che la lotta alla corruzione non è tra le priorità del Governo. Preoccupa l'addio di Cantone, dicono in coro i democratici, timori che il Governo non condivide. "L'ANAC ha evidenziato che la prevenzione è importante quanto la repressione", dice la Ministra Giulia Bongiorno, "ma se per prevenire tutto blocchiamo tutto, non si fa niente".