È stato un week-end a Napoli abbastanza particolare, ecco. Lei in questa fase due che cosa ha notato? È la fase più difficile, perché la fase uno il comportamento delle persone a Napoli è stato esemplare. Nella fase due, devo dire, quasi tutti con mascherine, però, alcuni anche senza; distanza sociale non sempre rispettata e in alcuni casi anche assembramenti. Quindi è opportuno che si mantenga il rispetto delle regole, altrimenti tutto quello che abbiamo fatto sinora rischiamo di perderlo. Soprattutto gruppi di ragazzi spesso sono senza mascherina, non so se le è capitato di notarlo. Ma i ragazzi sono stati esemplari nella fase uno, quindi è comprensibile che dopo due mesi... devo dire anche i controlli sono diminuiti, forse è più difficile controllare, i ragazzi devono comprendere che questa è una sfida anche per loro. Perché tornare un'altra volta in casa, significa non sapere più, poi quando uscire definitivamente. Un po’ di sacrifici, perché se le cose vanno bene e consolidiamo il dato sanitario, fra un po' potremmo esserne fuori. Io continuo ad essere ottimista, però un appello ad essere tutti attenti, si può uscire, si può camminare, si può correre però bisogna avere la mascherina e stare non in assembramento. È anche abbastanza semplice rispetto alla fase uno. Ci volevano messaggi più chiari, più semplici, non discordanze. Quando ha parlato Conte il 3 Maggio sembrava “tutti liberi”, poi qualcuno ha detto “no, ma non è così.” Poi c'è anche un'esigenza fisiologica dopo due mesi di reclusione domiciliare in casa senza aver fatto nessun reato è chiaro che le persone provano a socializzare, si incontrano, è difficile non stringe la mano durante un funerale o non accarezzare una persona che non vedi dopo due mesi. Quindi è difficile, è dura per tutti, è dura per il poliziotto che deve controllare, è dura per il ragazzo è dura per il bambino, però dobbiamo mettercela ancora un po’ tutti di più, perché stiamo quasi fuori dal tunnel e sarebbe un disastro tornare indietro al buio.