È il punto più controverso del decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri e prevede, come annunciato, l'introduzione di test psicoattitudinali per l'accesso alla professione di magistrato. La norma contenuta nel decreto con i provvedimenti sull'ordinamento giudiziario si applicherà per i bandi pubblicati a partire dal 2026 e introduce di fatto nel concorso in magistratura una terza prova, dopo lo scritto e l'orale, che punta a verificare l'idoneità psicoattitudinale del candidato allo svolgimento delle funzioni giudiziarie. Chi non passa i test psicoattitudinali, che dovrebbero essere simili a quelli cosiddetti Minnesota che valutano la personalità del candidato, dovrà rifare l'esame da capo dunque anche lo scritto e l'orale. Nessuna invasione di campo del Governo, assicura in conferenza stampa il ministro Carlo Nordio che precisa come sarà il Consiglio Superiore della Magistratura a nominare i docenti universitari su indicazione del Consiglio Universitario Nazionale, organo indipendente dell'Università, che costituiranno le commissioni giudicanti per i test psicoattitudinali da somministrare ai magistrati. Ci sarà dunque un doppio livello di garanzia, il CSM disciplinerà i testi in via generale e poi la commissione esaminatrice deciderà. Il numero massimo di concorsi con esito negativo che impedisce la partecipazione ai successivi bandi a cui ogni aspirante magistrato potrà partecipare viene inoltre innalzato da 3 a 4. Nonostante le modifiche dell'ultim'ora resta critica l'Associazione nazionale magistrati, più che una sciagura è una norma simbolo. Lo scopo era creare una suggestione nell'opinione pubblica che i magistrati hanno bisogno di un controllo psichico, chiosa il presidente dell'Anm Santalucia, critiche che il guardasigilli bolla come polemiche sterili e vuote astrazioni.