Parla dritto Mario Draghi. Ormai sono anni che è abituato a farlo, col tono di chi è uso a risolvere problemi e quell'aria appena insofferente di chi è chiamato a farlo sempre all'ultimo momento quasi troppo tardi, chissà. Certo le sue parole sul da farsi in Europa trasmettono la necessità e l'urgenza di un cambiamento che, parole sue, deve essere radicale. Aspettare? Non se ne parla, certo non fino alla modifica dei trattati ci vuole ora, subito, ieri, un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche, agire insieme possibilmente sempre e se non è possibile va bene pure un sottoinsieme di Stati membri che vada avanti, mostri la via, perché stare fermi non garantirebbe affatto la coesione politica, anzi. Bacchetta i settori della tecnologia Draghi, della difesa, delle telecomunicazioni, lontani dagli spietati concorrenti Cina e Stati Uniti che ci precedono perché possono agire come un unico Paese, alla fine è questo il pensiero che lega tutti i pensieri espressi da Draghi l'Europa come unico Paese, pena l'arretramento e l'irrilevanza. Non solo una politica di bilancio comune per affrontare le fin troppe transizioni in agenda ma anche una politica economica estera comune. In quest'ottica non si può, dice Draghi, vedere in noi stessi i nostri concorrenti, bisogna sviluppare sistemi energetici decarbonizzati e indipendenti e un sistema di difesa integrata. In molti fuori dall'Europa vogliono dividerci e dominarci. I cambiamenti da fare, si diceva, sono enormi e tutti necessari anzi urgenti, sarebbe meglio ma non c'è tempo, fa intendere l'ex presidente della BCE, di affrontarli uno alla volta. Se per caso avete visto Amadeus a un certo punto l'imperatore Giuseppe II dice al compositore, troppe note Herr Mozart, troppe note, e lui, solo quelle necessarie vostra grazia. Ecco va appena cambiato qualcosa tipo, troppi cambiamenti Dottor Draghi, solo quelli necessari cara Europa.