Quando si affacciano sul balcone della casa rosata una piccola folla urla il nome del presidente argentino. Milei sorride, accompagna Meloni verso il centro come a voler confutare indescrezioni che si fanno di lui, di figura controversa isolata con quella di un leader applaudito dalla piazza. Tra i due c'è sintonia, la stessa che dichiarano davanti alla stampa dopo più di un'ora di faccia a faccia. Milei teorizza una nuova internazionale sovranista. A Mar-a-Lago con Trump aveva ipotizzato un asse costituito da Argentina, USA, Italia ed Israele. A microfoni aperti non si arriva a tanto ma l'argentino elenca uno per uno i punti della sua battaglia. "Un'alleanza di nazioni libere, unite contro la tirannia e la miseria. Perché l'Occidente si trova nelle tenebre e chiede a noi che difendiamo la libertà, anche se siamo ancora pochi, possiamo fare luce e segnare la strada". Per Milei, la premier italiana è uno dei pochi leader all'altezza di una sfida del genere. Dal canto suo, Meloni non si tira indietro. Elogia la forza ed il coraggio delle idee, alla fine sposa la nuova linea argentina. "C'è molto più qui di una comune cooperazione tra Nazioni, c'è la consapevolezza di vivere in un tempo difficile, la responsabilità che quel tempo difficile impone cioè la forza delle idee e il coraggio che serve per difendere". Parole che mettono l'Italia in una posizione politica diversa rispetto a prima con punti di riferimento, in molti casi, distanti dall'approccio europeo. A Buenos Aires, la premier depone una corona di fiori al monumento del libertador simbolo dell'Indipendenza latino-americana. Riceve le chiavi della città, incontra gli italiani che ci vivono. Qui sono 1milione che sale a 19 se si contano anche i discendenti italo-argentini. Meloni sembra a casa, si sente a casa. Una nuova casa, quantomeno politica.