È radicale e repentina la sterzata che il ministro Nordio intende imprimere alla giustizia italiana. Su intercettazioni, separazione delle carriere, corruzione e obbligatorietà dell'azione penale si cambia. Una riforma che l'ex PM-giudice, ora guardasigilli del governo Meloni, definisce garantista e liberale, da realizzare anche con una revisione della Costituzione. Il primo punto sono le intercettazioni, che sono diventate strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica, dice Nordio, attraverso la diffusione selezionata e pilotata. "Quindi noi ne proporremmo una profonda revisione e comunque vigileremo in modo rigoroso, e sottolineo molto rigoroso, su ogni diffusione che sia arbitraria o impropria" Non ha senso, aggiunge, che il PM appartenga al medesimo ordine del giudice perché si svolge un ruolo diverso, ha detto il ministro davanti alla Commissione giustizia del Senato, aggiungendo poi che l'obbligatorietà dell'azione penale si è tradotta in un intollerabile arbitrio in cui il PM può trovare spunti per indagare nei confronti di tutti senza rispondere a nessuno. In un sistema in cui la custodia cautelare, ha aggiunto Nordio, è usata come strumento di pressione investigativa. Il ministro apre anche una breccia sul tema corruzione. Inasprire le pene non serve, il suo pensiero, bisogna soprattutto spezzare l'interesse comune di corrotti e corruttori a tacere davanti al magistrato, anche riconoscendo l'impunità a chi ha pagato la mazzetta ma sceglie di collaborare con la giustizia. Le parole di Nordio hanno provocato il plauso della maggioranza, che chiede di andare avanti spedita sulla separazione delle carriere, e di irritazione di quasi tutto il fronte delle opposizioni. Matteo Renzi, infatti, spera davvero che si passi presto dalle parole di Nordio ai fatti.